Caccavella o Putipù sono i termini più utilizzati nelle Marche per indicare il classico tamburo a frizione. Lo strumento semplice nel suo funzionamento quanto efficace, viene oggi ampiamente utilizzato da molti gruppi di musica tradizionale.
La veloce quanto irregolare introduzione di questo strumento nel nostro territorio marchigiano è dovuta alla probabile contaminazione dei gruppi nati con il folk revival e probabilmente anche al potere di internet.
La caccavella si ritrova infatti in molte altre zone del sud Italia con caratteristiche simili ma con nomi diversi come: Cupa Cupa, Cupi Cupi, Bufù, Puti Puti.
Questo speciale membranofono è inoltre presente nei paesi spagnoli e in Brasile con caratteristiche e funzioni simili.

Caccavella – Putipu – foto chi Sca
La caccavella si compone di 3 parti essenziali: canna di fiume o di bambù, membrana e cassa armonica.
Il suono viene prodotto strofinando la mano bagnata sulla canna mettendo così in vibrazione la membrana tesa. In alternativa si può utilizzare una spugna o uno strofinaccio bagnato.
Le altezze tonali variano dunque in funzione della grandezza della cassa e dello spessore della membrana utilizzata.
Generalmente viene costruito con materiali di recupero molto eterogenei come vecchi tubi, secchi di metallo, botti di legno, barattoli per conserve fino ad arrivare a vasi di terracotta. Anche le membrane utilizzate possono differenziarsi; le più comuni sono di pelle animale (capretto, capra, coniglio ecc.) ma non è raro trovare vere e proprie tovaglie di plastica o simili.
Come per altri strumenti popolari le interpretazioni posso essere molto diverse tra loro ed evolvere nel tempo. A tale proposito è interessante notare come nella nostra regione siano stati introdotti dei registri (simili a quelli del tamburello marchigiano) aventi la funzione di tendere o allentare la pelle in funzione delle condizioni climatiche.
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di Strumenti Tradizionali
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Danilo Donninelli